Lawless: sangue e whisky con i Bondurant

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Matt Bondurant,Matt Bondurant racconta la vera storia di suo nonno Jack e dei suoi due fratelli Forrest e Howard nel romanzo The Wettest County in the World. Ovvero i fatti che videro tra i protagonisti i Bondurant, e che vennero ricordati come la “Great Franklin County Moonshine Conspiracy”, la grande cospirazione della contea di Franklyn, nel sudovest della Virginia, quando, in pieno proibizionismo, tra il 1929 e il 1935, i montanari che distillavano quel whisky ‘color della luna’ fronteggiarono a muso duro le forze dell’ordine che, a loro volta, pretendevano il controllo, a suon di mazzette, del traffico degli alcolici. Un’epoca, quella del proibizionismo, spesso rivisitata dal cinema americano, come se la cupa mitraglia del Thompson risuonasse ancora viva nella memoria degli americani e non volessero dimenticare. O, più semplicemente, i gangster di quegli anni emanavano, allora come oggi, anche il fascino irresistibile della ribellione contro il potere costituito. Il proibizionismo aveva scatenato uno dei più grandi giri di affari che l’America avesse mai visto. La Grande Depressione ogni santo giorno stringeva di un altro buco la cinghia della povera gente e il contrabbando del whisky, viceversa, sfamava e, soprattutto, arricchiva. Al massimo ci si lasciava le penne. I montanari del West Virginia da sempre distillavano in casa il ‘moonshine’, come una sorta di tradizione, un passatempo che la Legge trasformò in ricco contrabbando. Molti, poi, divennero onesti e irreprensibili imprenditori, proprio come i fratelli Bondurant, che entrarono nella leggenda e nell’immaginario popolare perché ritenuti invincibili, indistruttibili, addirittura immortali.

Matt racconta tutto ciò nel suo libro che ha affascinato gli australiani John Hillcoat e il suo grande amico Nick Cave, tanto da trarne il film Lawless, rispettivamente nel ruolo di regista il primo, e di sceneggiatore e musicista il secondo. Hillcoat viene dal successo dell’ottimo western The Proposition con Guy Pierce e dalla trasposizione cinematografica del romanzo di Cormac McCarthy, The Road. Il rocker Nick Cave, dal canto suo, si è già cimentato con successo nelle colonne sonore (The Road, L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford) oltre ad avere scritto anche un romanzo ben riuscito, La morte di Bunny Munro. E’ diventato quasi un poeta Nick Cave, il cantante dei Bad Seeds.

Non male anche la sceneggiatura di questo Lawless, a metà tra western e gangster story. La vicenda dei fratelli Bondurant si appoggia sull’interpretazione rasposa di un eccellente Tom Hardy (Forrest Bondurant), Jason Clarke (il fratello Howard), e di Shia Le Boeuf (Jack, il fratello minore, nonno dell’autore del romanzo). A loro si contrappone uno strepitoso Guy Pierce (l’agente Rakes), che pare davvero a suo agio nei anni del cattivo di turno. I ruoli femminili sono affidati all’attrice preferita di Terrence Malick, Jessica Chastan (Maggie) e a Mia Wasiloswska (Bertha).

Peccato per la presenza marginale di Gary Oldman (appare in un paio di sequenze appena) nei panni del gangster ‘Pretty Boy’ Floyd Banner che imperversò nel Midwest fino al ’34, anno della sua uccisione da parte di agenti dell’FBI. Dispiace che a un personaggio così interessante e a un attore di valore, sia stato riservato un angolino del film soltanto.

Lawless si esalta nella fotografia di Benoit Delhomme e i colori delle foreste della Virginia e la contea di Franklin diventano nel film il teatro naturale dove si alternano personaggi duri, aspri, fradici di whisky (non dalla pioggia come avrebbe sostenuto qualcuno traducendo alla lettera il titolo del romanzo), dove la violenza sta nel DNA dell’individuo che difende e afferma la propria libertà. E’ il mito della frontiera che ritorna, quello dei pionieri che assai poco amavano le intromissioni del potere costituito nella propria esistenza. Quello che faccio, lo faccio con le mie mani, ed è mio, e devo risponderne, eventualmente, solo a Dio e a nessun altro. Questa terra è la mia terra, non è dei governi o di chi vuole rubarmela e io la difendo e uccido, se necessario. Il sangue e il whisky scorrono a fiotti in Lawless, fino all’immancabile drammatico duello finale, combattuto nel buio di un ponte, al quale Hillcoat dà corpo con duri movimenti di macchina, emozionando lo spettatore che non sa (ancora) chi sopravviverà in quella sorta di aldilà spaziale.

Negli USA le reazioni al film sono state discordanti. Taluni hanno criticato la brutalità di certe scene. Altri vorrebbero il film e, soprattutto, il libro a disposizione di tutti nelle biblioteche storiche della Virginia. C’è chi lo ha definito struggente e avvincente. Chi lo ritiene piatto e poco convincente.

Fatto è che Lawless, o The Wettest County che dir si voglia, è un film che racconta ciò che è stato. Tutto si ritrova negli occhi di Tom Hardy, burbero, possente come un orso bruno capace di difendere il suo territorio e la libertà con le unghie e le zanne, fino in fondo. Un altro attore al suo posto non avrebbe saputo fare di meglio e, ancora una volta, spiace che un film come Bronson di Nicolas Winding Refn (dove Hardy è protagonista assoluto) sia stato distribuito in così poche copie con il conseguente passaggio nelle sale in un solo soffio e via.

Dario Arpaio


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