Miele. La prima volta di Valeria Golino

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Miele, ovvero la prima volta di Valeria Golino dietro la macchina da presa, ed è subito Cannes. Thierry Frémaux, direttore del festival che aprirà a breve i battenti, ha visto e voluto il film nella prestigiosa categoria ‘Un Certain Regard’. La Golino nella sua scelta è stata sostenuta dal compagno di vita, Riccardo Scamarcio che insieme con Viola Prestieri hanno dato vita alla produzione del film.

La neoregista approccia con coraggio un tema duro come quello dello sguardo sulla morte, e lo fa con un film formalmente bello, dal linguaggio essenziale, asciutto, ed esteticamente inappuntabile.

La sceneggiatura è liberamente tratta dal romanzo A nome tuo di Mauro Covacich e racconta dell’eutanasia vista attraverso il personaggio di Irene, giovane donna che assiste i malati terminali che a lei fanno ricorso nel disperato quanto lucido bisogno di porre termine allo strazio di una non vita. Con lo pseudonimo di Miele la giovane riceve le ‘chiamate’ attraverso un circuito clandestino e si reca là dove la morte è attesa come una liberazione. La Golino non commenta, non partecipa, non si schiera a favore o contro la morte assistita. Si limita a raccontare ciò che Miele vede di fronte alla morte, fino al momento in cui si trova ad attraversare una crisi profonda, un moto di ribellione, quando si confronta con un settantenne malato non nel corpo, ma nell’animo – gravato da un incurabile male di vivere. Nulla può rivitalizzare quell’uomo lucido, scontroso, determinato e freddo, nemmeno la disperazione di Miele che lo insegue per dissuaderlo da quel proposito che lei ha così spesso assecondato con compassione. Tra i due nasce un rapporto prima conflittuale poi quasi intimo. Irene cerca di riacciuffare la vita nuotando nel mare. Il rapporto di poco peso che ha con un uomo sposato non le lascia nulla se non appagamento sessuale. E torna a cercare il vecchio che vuole morire.

Sublimi i due protagonisti, Jasmine Trinca nel difficile ruolo di Miele e il grande Carlo Cecchi che, con elegantissimo disincanto, tratteggia il ruolo dell’anziano che non trova più alcun senso nel vivere.

Miele è un film che incanta e turba, insinuandosi nell’anima dello spettatore, senza mai scadere nel melodramma. Un’opera prima degnissima per Valeria Golino regista pur affrontando, come si è detto, un tema arduo di grande attualità, quello della morte assistita,  al quale ogni società civile dovrebbe garantire la più alta attenzione nel rispetto della scelta libera, in una consapevolezza dilatata fino alla massima compassione per l’umana sofferenza.

Dario Arpaio


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