The Lone Ranger? C’è solo Johnny Depp!

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lonerSquadra che vince non si cambia anche se non sempre si possono eguagliare le vittorie precedenti. Pare sia successo altrettanto al trio Bruckheimer-Werbinski-Depp, rispettivamente produttore, regista e protagonista di Lone Ranger. Reduci dai clamorosi e ineguagliabili trionfi planetari della trilogia dei Pirati dei Caraibi, complice la Disney, hanno ripensato il genere western andando a pescare in fondo al cassetto il personaggio del Cavaliere Solitario, famosissimo negli Usa, molto meno altrove.

Il film di Gore Werbinski prende il via nel 1933, scegliendo non a caso la data che segnò in effetti l’inizio delle avventure di Lone Ranger, prima con trasmissioni radiofoniche, poi con pubblicazioni a fumetti e, in seguito, con un paio di sfortunate uscite cinematografiche. Ma stavolta non è sufficiente il fantastico estro gigionesco di Johnny Depp per tenere in piedi una sceneggiatura un po’ fiacca. Werbinski è puntualmente a suo agio solo nelle scene d’azione e negli inseguimenti rocamboleschi. Molto meno nei dialoghi un po’ rétrò e banali. Viene cercato l’umorismo a tutti i costi, e non sempre si riesce.

Solo Depp mostra la sua ineffabile sicurezza nell’affrontare il personaggio dell’indiano Tonto, lui che per un terzo ha davvero origini pellerosse e da bambino seguiva le avventure del Ranger. Si cuce a suo modo maschera e abiti. Interpreta magicamente il suo sguardo spesso interlocutorio nei confronti dell’eroe interpretato con poca convinzione da Armie Hammer, ma da solo non può reggere tutto il film. Nemmeno il grande Tom Wilkinson, nei panni del subdolo governatore, pare a suo agio nella parte. Che dire poi della immancabile Helena Bonham Carter, presente poco in scena, ma molto nei cartelloni pubblicitari. Ininfluente nella storia, dove si narra della vendetta di uno sprovveduto avvocatuccio che, aiutato da un indiano un po’ folle, usa una maschera buffa e un bianco cappello alla Tom Mix per trionfare sui cattivi brutti e sporchi come si conviene. Certamente il film è divertente, spettacolare a suo modo, anche piacevole, ma esile nella storia e forse anche presuntuoso nel voler ripescare un personaggio molto amato. Deve ripensarci forse la Disney che, dopo il flop del suo John Carter of Mars, difficilmente riuscirà a vedere replicato il successo del trio d’attacco dell’intrattenimento con Lone Ranger.

Dario Arpaio


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