Lo zio Boonmee e gli Uomini di Dio

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Il festival di Cannes si è concluso con l’immagine di un emozionatissmo Tim Burton che assegna la Palma d’Oro a Lo zio Boonmee che si ricorda delle vite precedenti, per la regia di Apichatpong Weerasethakul. Durante la rassegna anche un altro film ha avuto grande risonanza e apprezzamento: Des Hommes et des Dieux, del regista Xavier Beauvois che ha ben meritato il Grand Prix della Giuria. Taluni lo vedono in corsa per l’Oscar come miglior film straniero. Due film certo assai lontani tra loro, ma entrambi affascinanti, e con un richiamo spirituale molto forte.

Lo Zio Boonmee trasuda un magico panteismo, interrogandosi, attraverso la vicenda del suo protagonista che si avvicina alla morte, sull’appartenenza di ogni uomo al momento del passaggio a una vita ulteriore, arrivando a partecipare con ogni fibra a ciò che la natura stessa della vita dispone nell’eterno cambiamento e ritorno. I vivi vengono raggiunti dai fantasmi, capaci di tornare per accompagnare i propri cari nel grande viaggio. Il regista ci trasporta dentro alla Natura che tutti ci contiene, uomini e scimmie fantasma, principesse e spiriti della foresta in forma di pesci gatto sessuati, e tutto partecipa di una grande magica armonia. Non c’è altro fuori dall’accettazione e dalla consapevolezza del mistero della vita nel suo eterno fluire per potere riconoscere il valore e il senso stesso dell’esistenza. E con l’ultima sequenza del suo film il regista lancia anche un monito, quasi rassegnato: stiamo cedendo la nostra anima e i nostri corpi a dei fasulli, a fantasmi di una realtà fasulla come la televisione.

Film estremamente coinvolgente quello del tailandese, dall’estetica misurata ed espressa in una forma ammiccante. Pare a volte (apparentemente) lento per noi, abituati e assuefatti a pellicole dal ritmo sempre più teso; lento per noi che non riconosciamo, se non con fastidio, il respiro di una macchina da presa capace di andare diritta al cuore, anziché proporre tensioni anche estreme che scivolano poi via senza nulla lasciare dentro. L’adrenalina ha scadenza limitata.

Anche il film di Xavier Beauvois è un richiamo, più dichiaratamente chiaro nel suo messaggio forte. Des Hommes et des Dieux è il titolo originale, ovvero un discorso sugli uomini e sugli dei, sulla loro convivenza reciproca. Da noi è diventato Uomini di Dio, tant’è concentrato su di una lettura dei fatti che nel 1995 portarono alla strage dei monaci del Monastero dell’Atlante a Tibhirine in Algeria per mano dei fondamentalisti. Dei trappisti, uomini di Dio, appunto, ma fortemente e armoniosamente calati in un contesto sociale dove la loro opera risulta effetto inequivocabile della quotidiana preghiera, dove tutta l’esistenza è manifestazione d’amore, sempre ricambiato, verso tutti i componenti della comunità islamica, nessuno escluso. Amore sublime, malvisto forse più ancora dal potere centrale, incapace e corrotto, che non da quegli stessi fondamentalisti che saranno gli aguzzini dei monaci. Beauvois indugia sulla vita di ogni giorno, serena in un lento scandire reciproche tenerezze fra i trappisti e i loro amici mussulmani, effonde odore di miele, ma lascia presagire, inesorabile, la tragedia. E i frati si riscoprono uomini che hanno paura, tremano, salvo ancorarsi poi alla fede in un salmodiare forte e limpido.

Beauvois ci dice che si può fare, si può -e si deve- convivere con tutti gli dei, quale sia il loro colore, il canto della preghiera è uno, una è la nota, una è la direzione, uno è il punto armonico, e lo stiamo perdendo così come, troppo tardi, lo zio Boonmee si ricorda di avere ucciso egli stesso troppi uomini, di essersi allontanato dall’Amore, di non averlo ascoltato, ma di avere solo urlato nel Male.

Dario Arpaio.

1 commento su “Lo zio Boonmee e gli Uomini di Dio”
  1. Paola ha detto:

    Molto interessante e profondo l’articolo: hai saputo andare oltre la trama di questi due film, per coglierne l’essenza e il sottile filo che li accomuna in qualche modo (anche se diversi tra loro).
    Questa chiave di lettura mi affascina…penso che veramente, come tu dici, non siamo più in grado di ricercare la dimensione più profonda della vita.Stiamo perdendo la nostra anima per inseguire una realtà che ci allontana sempre di più, anziché avvicinarci, da noi stessi.

    Senz’altro andrò a vedere Lo zio Boonmee.


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