La Recensione di Dario Arpaio: The Search

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ADopo il clamoroso successo ottenuto con The Artist e la sbornia da Oscar, il regista francese Michel Hazanavicius cambia registro e orizzonte. Lascia dietro di sè il divertito e pregevole omaggio al cinema muto e scrive una sceneggiatura adattata sul film Odissea Tragica (1948) di Fred Zinneman per trasformarlo in The Search –che pure era il titolo originale dell’opera vincitrice del Leone d’Oro al Festival di Venezia-. Ne cambia lo scenario. Trasforma le macerie della II Guerra in quelle della dimenticata II guerra di Cecenia del 1999. Il personaggio che fu di Montgomery Clift viene ricucito per la moglie del regista, la bella Bérénice Bejo. Il personaggio del bambino solo e sperduto, accolto dalla Bejo (dal soldato Clift nell’originale), resta tale nelle lacrime e nella disgrazia. Hazanavicius confeziona di fatto un film formalmente pulito, bene supportato dalla incisiva fotografia di Guillaume Schiffman che colora la narrazione del regista voluta in una struttura circolare seppure un po’ frammentaria. Il prologo, con le immagini in soggettiva girate da un soldato russo con la sua videocamera, è una delle parti migliori di The Search, che abbandona subito il realismo feroce per crogiolarsi in un più facile melodramma patinato per raccontare la guerra (?) e le vicissitudini di un bambino ceceno reso orfano dai russi, disperso in cerca della sorella superstite. Delle infinite guerre di Cecenia, di fatto, sappiamo poco e il film di Hazanavicius non aggiunge nulla di più rispetto a un qualche titolo di quotidiano. L’Occidente ha sempre guardato con voluto scarso coinvolgimento a un conflitto ‘locale’, lasciando all’orso russo il compito di sbrigarsela come meglio riteneva. Le organizzazioni umanitarie sono certo scese in campo, ma con scarsi risultati, così come deve riconoscere il personaggio interpretato (distrattamente, superficialmente) dalla Bejo che subisce le forti critiche della Helen, che a differenza di lei è impegnata in prima linea, impersonata da una brava Annette Bening, tra i migliori nel film. The Search non cerca o non trova la denuncia, non si pone in un’ottica critica. Risulta, peraltro, abbastanza efficace nel raccontare la storia parallela a quella del bambino orfano, che vede un ragazzotto russo arruolato a forza e via via trasformato, volente o nolente, in uno spietato soldataccio strafottente verso la morte. Da apprezzare la scelta del cast che Hazanavicius ha selezionato tra locali georgiani, su tutti il bambino che impersona il piccolo profugo. The Search è stato presentato in concorso al 67° festival di Cannes dove, ahimè, ha raccolto più fischi che applausi, forse più per l’esiguità drammatica della trama spiegazzata in un facile e retorico pietismo quanto piuttosto nei confronti di una regia formalmente pulita.

Dario Arpaio


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