La Polvere del Tempo

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Presentato con successo alla Berlinale del 2009, La Polvere del Tempo è l’ultima opera del regista Theo Angelopoulos, seconda parte di una trilogia, iniziata con La Sorgente del Fiume del 2004, che si concluderà con L’Altro Mare, le cui riprese dovrebbero avere inizio nel prossimo ottobre.

Il grande ottantenne continua il suo canto, senza cedere di un passo all’incalzare del tempo odierno, che pare avere smarrito ogni valore. Lui stesso, parlando del cinema italiano in un’intervista, afferma che i “fari della conoscenza” si sono spenti. Gli Antonioni, i Fellini non ci sono più e noi tutti perdiamo via via il senso del grande cinema e veniamo come risucchiati in una realtà televisiva fittizia e mistificatoria, illusoriamente consolatoria. Ma la Storia non è finita con il XX secolo, come vorrebbe Francis Fukuyama. Angelopoulos, al contrario, insiste, rinnova la sua speranza di libertà delle coscienze, che rimarrà tale fintanto che l’uomo avrà vita.

La Polvere del Tempo racconta di un regista in crisi creativa che si trova a ripercorrere gli ultimi 50 anni del ‘900, rievocandole in un film attraverso le vicissitudini delle persone a lui care. Dalla morte di Stalin alla caduta del Muro di Berlino, dai gulag all’esilio. Nel film grande spazio viene dato ai personaggi nella loro intimità ferita, ma non spezzata dalla grande Storia. L’amore senza fine di Eleni per Spyros e di Jacob per la stessa Eleni, si intrecciano in un caleidoscopio di immagini e di sentimenti che, forse mai prima d’ora, Angeloupoulos aveva girato con la stessa intensità, con una carezza così leggera nei confronti dei suoi personaggi. La polvere del Tempo ricopre con un velo tutto ciò per cui loro stessi hanno combattuto. Tutti i sogni e le passioni politiche sono state disilluse. Rimangono solo le poche note malinconiche di un refrain, ripetute fino a dilatare lo spazio del passato perduto, l’intera storia di un amore. Grande nostalgia pervade tutto il film, fino alla sequenza finale con la corsa davanti alla porta di Brandenburgo, sotto una nevicata lenta, solenne, purificatoria.

Anche in questa opera, Angelopoulos si è avvalso della collaborazione del grande Tonino Guerra e la sceneggiatura risente della sua presenza. Pregevole la colonna sonora curata da Eleni Karaindrou. Grande spessore hanno saputo trasmettere ai rispettivi personaggi Irène Jacob, Michel Piccoli, Willem Dafoe e, soprattutto, Bruno Ganz. Il film ha il passo lento del linguaggio dell’anima, tipico del grande regista, con l’incedere dei suoi piani lunghi, interminabili, che lasciano totalmente alla macchina da presa il ruolo di grande narratore, al di là del tempo e dello spazio di una poesia.

Se La Polvere del Tempo narra del passato, il prossimo film, L’Altro Mare, volgerà l’occhio al futuro e Angelopoulos tornerà alla sua amata Grecia, ai perché della crisi odierna, vista nel rapporto tra un padre e una figlia e un gruppo di attori che decidono di mettere in scena L’Opera da Tre Soldi di Brecht, lui che soleva chiedere provocatoriamente dove risieda il male minore: rapinare una banca o fondarne una nuova?

Dario Arpaio


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