Il Solista dell’anima

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Lo spettacolo vero è la vita, senza limiti né opposizioni. A volte è indecente, altre esaltante, ma è l’unica che abbiamo. Tentiamo di migliorarla a tutti i costi, ma, in fondo, basta viverla. L’arte è il mezzo ultimo per osservarla, come dall’interno, dipingerla, accarezzarla, suonarla. Ma, a volte, il peso del quotidiano può diventare insopportabile. Dentro di noi può spezzarsi qualcosa. La visione si arcua, si distorce. Nulla è più come prima, tranne  l’amore per la vita nel suo spettacolo. Forse è proprio questo ciò che può essere accaduto nella testa di Nathaniel Ayers, brilllante allievo di violoncello alla prestigiosa Juilliard School di New York, precipitato nella schizofrenia, finito homeless a Los Angeles, la città degli angeli dove sopravvivono più di 90.000 senzatetto. Lì sta anche Nathaniel, sognando Beethoven,  suonando senza sosta uno scalcagnato violino con due sole corde che paiono incantate. Quando le suona, per lui è vivere un’estasi. Casualmente lo incontra Steve Lopez, giornalista del Los Angeles Times, il quale è in cerca di una storia da raccontare per riappropriarsi forse anche di quello spettacolo della vita, che la sua professione, al giorno d’oggi, mastica senza gusto. Tutto diventa business e la vera storia di Nathaniel Ayers può davvero fruttare il consenso del pubblico e il successo. Ma si crea tra i due un legame più forte delle intenzioni. Lopez sfrutta Ayers, ma lo aiuta davvero, scoprendo anche le crude storie di Skid Row, il quartiere di L.A. dove si accampano i senzatetto.

Tutto ciò è storia vera e viene narrato nel film Il Solista per la regia di Joe Wright, londinese al suo primo impegno hollywoodiano. Robert Downey Jr. e Jamie Foxx danno il volto rispettivamente a Lopez e Ayers. La sceneggiatura è basata sul libro che il vero Lopez ha poi scritto narrando del suo incontro con il violinista senza casa, sfruttando fino in fondo la traccia di un sicuro successo.

Il film non è certo un capolavoro,  a tratti sembra come spezzarsi in sequenze inconcludenti, fatta eccezione forse solo per i momenti in cui Jamie Foxx-Ayers insegue le sue visioni, riportandoci allo spettacolo della vita, quello che pulsa in tutti noi, in ogni sua piega più nascosta.

Dario Arpaio

2 commenti su “Il Solista dell’anima”
  1. paola ha detto:

    “È bello qui, perchè puoi farti applaudire dai piccioni quando prendono il volo”…così dice Nathaniel. Quello che gli è rimasto e che conserva dentro è solo la sua musica, quella di Beethoven. Tutto il resto della realtà lui l’ha cancellato.
    Non è senz’altro uno dei migliori questo film, ma direi che il pregio che possiamo riconoscergli è aver tentato di sottolineare proprio quello che tu, Dario, molto giustamente hai saputo cogliere e sottolineare: può succedere che la vita ci diventi insopportabile, l’unico mezzo che spesso ci rimane è l’estasi che ci dà l’arte, che riesce a trascendere la realtà e a puntare direttamente all’essenza della vita stessa.
    paola

  2. Dario ha detto:

    Grz Paola, mi ero dimenticato di qs film e dei contenuti che mi era parso di leggere nel film.

    Grz per avermeli riproposti !! li prendo al volo …
    ciao


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