The Rum Diary, Depp racconta Hunter Stockton

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Hunter Stockton Thompson, autore del romanzo the Rum Diary, muore suicida (almeno secondo la versione ufficiale, in effetti, una seconda ne affermerebbe l’uccisione) nella sua casa di Aspen nel Colorado il 20 febbraio 2005. Johnny Depp, suo grande e devoto amico, è stato tra i principali organizzatori di una festosa cerimonia funebre, durante la quale le ceneri del giornalista scrittore sono state sparate in cielo da un cannone. Cosa si può ricordare di lui? Scrittore geniale, spirito libertario, ha cambiato il modo di scrivere un reportage con il suo personale stile di scrittura conosciuto come ‘gonzo’, ovvero descrivere i fatti con un occhio diverso, introducendo e mescolando esperienze personali, sentimenti, secondo la tesi in base alla quale l’oggettività, a volte, è solo frutto di una mistificazione a uso e consumo del potere. Famosi i suoi servizi contro Nixon, senza dimenticare i libri, che lo hanno reso famoso anche da noi, quello intitolato Hell’s Angels, frutto di una sua lunga frequentazione, durata mesi, al seguito dei famosi bikers e, soprattutto Paura e Disgusto a Las Vegas, romanzo autobiografico, dal quale venne tratto un film nel 1998, che vide Johnny Depp nei panni del protagonista, alter ego dello stesso Thompson, con la sceneggiatura e la regia di Terry Gilliam. In quell’occasione Depp trascorse alcuni mesi a fianco di Thompson, stringendo con lo scrittore una forte e duratura amicizia. E’ stato Depp a volere a tutti i costi il film The Rum Diary, tratto da un romanzo, scritto molti anni prima da Thompson, e quasi sconosciuto. Anche quest’opera è, in parte, autobiografica e narra dello scontro tra un giovane giornalista e alcuni faccendieri senza scrupoli pronti a distruggere una delle meravigliose isole intorno a Puerto Rico.

Il film offre una pregevole ricostruzione degli anni ’60, quando gli americani consideravano l’isola come meta di vacanza ideale dove spassarsela tra sale da bowling e notti inzuppate di rum. Il protagonista dapprima sembra cedere alle lusinghe degli speculatori per poi cedere all’amore e, soprattutto, alla propria coscienza che gli vieta di approvare tanto scempio con i soliti benefici per pochi a scapito di tanti. A Puerto Rico rum e allucinogeni possono rappresentare un comodo rifugio dalla realtà, ma, alla fine, il protagonista fa la sua scelta: non si può sempre cedere alla grettezza del potere e all’operato di banche e di faccendieri senza scrupoli. Corruzione e sesso a buon mercato, a volte, si possono combattere, anche se, come afferma il direttore del giornaletto dove scrive il protagonista, la gente ama di più salire a bordo della barca che non vederla affondare. Quindi, è forse meglio tacere e adeguarsi supinamente?

Il film è ben fatto, la regia di Bruce Robinson è gradevole, di lui ricordiamo la sceneggiatura del bellissimo Urla del Silenzio del 1984. Intensa l’interpretazione di Johnny Depp affiancato più che efficacemente da Michael Rispoli e Giovanni Ribisi nell’affrontare il cinico Aaron Eckart. Va però sottolineato come il romanzo sia per certi versi più spregiudicato del film, il cui finale è edulcorato rispetto alla cronaca più secca e amara del grande Thompson. Grande merito va a Johnny Depp che, con la sua casa di produzione, Infinitum Nihil, ha acquistato i diritti del libro, e ha davvero fatto l’impossibile per rendere omaggio al suo grande amico scrittore, ed è forse più per questo che the Rum Diary andrà ricordato.

Dario Arpaio


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