L’ottava edizione del Lebowski Fest

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8thannual_poster.jpg“Questo non è il Vietnam, è il Bowling, ci sono delle regole!” (Walter Sobchak/John Goodman da Il Grande Lebowski, 1998).

Un certo Steve Palopoli, giornalista di Santa Cruz, è stato il primo a voler annoverare il film Il Grande Lebowski tra i ‘cult movie’. Siamo nel 2002 in California. Nello stesso anno, quattro amici decidono di dare sfogo alla loro ‘perversa’ passione per il film di Joel Coen organizzando, quasi per gioco, un Lebowski Fest nella loro città, Louisville, Kentucky. Bene, da quell’anno si è giunti ora all’ottava edizione (a lato il poster ufficiale della manifestazione) che si terrà nuovamente a Louisville dopo aver vagabondato per tutti gli Stati.

Le feste durano generalmente due giorni e hanno avuto come ospiti d’onore quasi tutti i protagonisti del film a cominciare dallo stesso Jeff Bridges. Lui è Dude, nella versione italiana il Drugo. Meglio l’originale che era l’appellativo fraterno preferito dai giovani hippies. Certo che Dude è uno scansafatiche, un indolente fannullone e solo con sommo disappunto si trova coinvolto in un quasi-thriller alla Hammett. Lui non ci pensa nemmeno a fare l’eroe alla Sam Spade. Le uniche passioni sono (non in ordine di importanza): il suo tappeto, quello che gli viene rubato togliendo ‘un tono all’ambiente’; il bowling con gli amici; il white russian e la sua vecchia scassata GranTorino del ’73 dove c’erano le sue cassette preferite. Non ha un cent. Firma assegni a vuoto anche per piccolissimi importi. L’intreccio si complica quando corre in suo aiuto Walter, un reduce del Vietnam, completamente fuori di testa… e la storia prosegue, ma voglio credere che tutti lo abbiate visto almeno tre volte!

Durante i Festival la proiezione è la prima tappa d’obbligo. Poi ci si propone a piacere nei costumi dei vari personaggi e si finisce con un immancabile torneo di bowling. A titolo di curiosità, nessuno degli attori che hanno interpretato il film scritto a quattro mani dai Coen, ma diretto solo da Joel, avevano mai giocato con il boccione prima di iniziare le riprese. Ma Lebowski non è solo bowling. E’ un’ironica sorniona filosofia di vita, discutibile, ma pur sempre un modo di stare al mondo, senza far rumore e senza voler essere disturbati. Ci vuole un white russian (o più di uno) e un gruppo di amici un po’ suonati per vivere bene. A volte si può incappare in qualche gruppo nichilista, e allora le cose si complicano un pochetto.

Per chi volesse e potesse, dopo Louisville il 10 e 11 luglio, la kermesse si sposterà a Seattle, Portland, San Francisco, San Diego, Denver, Minneapolis, Chicago, Toronto, Boston, New York, Philadelphia, Washington, e si concluderà a Austin il prossimo 9 e 10 ottobre. Da raduno annuale e diventato un appuntamento itinerante per i milioni di fan che non possono fare a meno di sballare almeno un  po’ ogni tanto in onore del grande Lebowski… arricchendo non poco gli organizzatori, i quali hanno creato un grande merchandising intorno al vecchio Dude.

E lui che starà facendo? E’ lì sdraiato sul suo divano, bevendo un white russian contento di avere di nuovo il suo tappeto ‘che dà un certo tono all’ambiente’. A proposito per chi fosse interessato, i quattro amici hanno anche scritto un libro: La vita secondo il Grande Lebowski, edito in Italia da Sperling & Kupfer, ricchissimo di curiosità sul film, con interviste ai protagonisti e tanti tanti consigli per una ‘vita sana’ …

 

Dario Arpaio

3 commenti su “L’ottava edizione del Lebowski Fest”
  1. giuseppe ha detto:

    ciao dario abitassi negli stati uniti ci andrei ogni anno…ma un seguito del film?che dici ci starebbe bene oppure no?

  2. Dario Arpaio ha detto:

    Direi di no. certi personaggi sono irripetibili, meglio lasciarli così.
    Comunque ti suggerisco il libro, è davvero divertente.

  3. lovecraft ha detto:

    sono d’accordo sulla difficoltà di resuscitare personaggi così “irripetibili” ma non abbiamo mai visto un sequel in stile coen e, dato che fanno quasi sempre tutto bene, non è detto che non ne uscirebbe qualcosa di buono…
    in fondo ci rassicura sapere che “yeah well… the dude abides”


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