Lasciamoci catturare dalla Piccola Impresa Meridionale di Rocco Papaleo

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images“Senti? Fuori piove!”. Scamarcio lo dice mentre tra sé e sé scandisce il tempo delle gocce di pioggia. Poi, soddisfatto della sua consclusione, si rivolge a Papaleo: “Lo senti? E’ un 5/4!”. Papaleo lo guarda stranito:”E che vuol dire?”-“E’ il jazz!…” gli risponde Scamarcio con un sorriso. Forse è anche questo il leit motiv di Una piccola impresa meridionale, seconda opera di Rocco Papaleo, istrionico autore, regista, attore che rilancia il ‘suo’ Sud dopo il successo di Basilicata coast to coast, stupefacente, leggero, gradevole ‘on the road’ nostrano.

Dal girovagare tra le colline del primo film si passa all’isolamento di un faro in disuso dove si ritrovano, loro malgrado, tutti i protagonisti della piccola impresa: un prete spretato, una madre anziana e un po’ bigotta, una figlia in fuga d’amore, un marito cornuto, una prostituta non più in affari e alcuni altri improbabili ristrutturatori di immobili – e di sogni circensi.

Come in una jam session, si alternano gli assoli dei personaggi a inseguire un riff. Inizia il pianoforte, poi si decolla insieme sulla stessa traccia, ci si allaccia e poi via sciolti in nuovi assoli. La storia non-storia del film si aggrappa a qualsiasi pretesto e solletica con leggerezza divertita e divertente ogni spunto della vita, proprio quella della provincia di un paesotto del Sud, con i suoi pregiudizi che si sciolgono via via, scivolando in un mare sublime con un accordo che sa perdonare ogni peccato d’amore in un dolce sorriso ironico.

Forse il piacevole stupore per la novità di un Rocco Papaleo dietro la macchina da presa in un film surreale e fantasioso come il precedente, ben congegnato, ha lasciato qualcuno perplesso di fronte a questo nuovo episodio della Papaleide, con quel suo narrare un po’ sornione e dis-incantato di un luogo e di un tempo che forse esistono solo nella di lui fantasia di autore fresco, originale e surreale, come si conviene a quella razza in estinzione che sono gli artisti capaci di far poesia, di sorridere o di commuovere, sempre gratificando un pubblico privo di pre-giudizi, capace di lasciarsi attrarre nel gioco sottile delle corde di una fantasia bambina.

Bravi davvero tutti gli attori del film a cominciare da Scamarcio, leggero come forse non gli era successo prima d’ora. Barbora Bobulova, solare e frizzante nel suo ruolo malandrino. Così vale per tutti, Papaleo in testa. Ma un plauso a parte va a Giuliana Lojodice nel ruolo di Mamma Stella, disperatamente dolce, acidamente divertente.

Ottime la colonna sonora, su arrangiamenti di Rita Marcotelli e dello stesso Papaleo, nonché il magnifico pezzo che chiude il film di Erica Mou dal titolo Dove cadono i fulmini.


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