Kiarostami e Binoche, Copia Conforme.

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Cannes chiude i battenti lasciando dietro sé pochi rimpianti. Il festival presieduto da Tim Burton, indiscusso re di fàntasia, ha paradossalmente coinciso con la scarsa emozione suscitata dai titoli presentati, fatte le pur debite eccezioni, come per la pellicola di Beauvois, Des hommes et des dieux.

Arrivato tra le maggiori aspettative, il film di Abbas Kiarostami, Copie Conforme, ha suscitato poi pareri discordi e generalmente negativi. I più lo hanno giudicato lungo, prolisso, verboso. La vicenda ruota intorno a due unici personaggi, lui (William Shimell) e lei (Juliette Binoche) che si confrontano sul filo di una compiaciuta finzione e/o del ricordo struggente, fino a chiudere il sipario su di un presente muto e senza speranza. Ammettiamo pure che Shimell, nella realtà un famoso baritono inglese, sia un po’ legnoso nella sua interpretazione di un non meglio identificato scrittore. Ma Juliette Binoche, va detto, è straordinaria nell’esprimere un repertorio di sfaccettature interpretative di rara bellezza e fascino. Offre davvero il meglio di sé, guidata da un Kiarostami capace di esaltarne le più minute sfumature del volto. La Binoche recita anima e corpo, dando tutta se stessa nel suo personaggio, in ogni più insignificante piccola battuta.

Il film prende il via dalla conferenza tenuta da lui alla presentazione del suo libro dal titolo Copia Conforme, ovvero il senso dell’opera d’arte si esprime tel quel nella copia come nell’originale, sfumando il confine tra realtà e finzione. Questo segna il leit motiv di tutta la storia. Lei è gallerista attenta all’argomento proposto dallo scrittore. S’incontra con lui successivamente e si offre di fargli da guida per lo spazio di un pomeriggio alla fine del quale lui partirà in treno. La Toscana di Lucignano riluce nella fotografia di Luca Bigazzi e i chiaroscuri si insinuano in bella forma tra le battute dei due protagonisti.

Kiarostami è anche autore della sceneggiatura con la quale riprende temi a lui cari (Close-up, 1990) e ci conduce sul percorso dell’incomunicabilità tra due esseri, forse un tempo amanti. Per certi versi può essere facile il richiamo al Rossellini di Viaggio in Italia del ’54. Ma è improprio fare confronti o paragoni. Ogni artista, ogni regista sta a sé con la propria opera.

In Copia Conforme ciò che probabilmente è stato nella vita dei due protagonisti lascia dietro sé un terreno secco, arido e la vita dei due non può tornare indietro, né procedere avanti. Le mura bianche di Lucignano attendono solo il silenzio della sera.

Il film è certamente un po’ troppo verboso. Ma chi ha detto che il cinema deve essere solo o soprattutto immagine? O solo intrattenimento? Un dialogo serrato non può forse ritmare le immagini, la luce dei volti, dei gesti? Kiarostami ne offre certo un bell’esempio attraverso la sua ‘scrittura’ della Binoche.

Juliette Binoche alla conferenza stampa non può trattenere le lacrime (a lato nella foto) quando giunge notizia che l’altro famoso regista iraniano, Jafar Panahi, arrestato lo scorso marzo dal regime, ha iniziato uno sciopero della fame a oltranza. Kiarostami lancia un appello a gran voce affinchè venga liberato. Purtroppo la libertà di espressione è la prima vittima dell’ignoranza totalitarista. Ancora peggio quando questa si nasconde dietro le sottane dei religiosi fanatici, quale che sia il colore del loro credo. Nessuno potrà far molto per Panahi, nemmeno le accorate lacrime della Binoche.

Dario Arpaio

1 commento su “Kiarostami e Binoche, Copia Conforme.”
  1. Colori Toscani ha detto:

    Sui luoghi di “Copia Conforme” – dal Festival di Cannes a Lucignano e Cortona, in Toscana:


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