Io e Te, soave magia di Bertolucci

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Due sono i film che, a Cannes, hanno emozionato in modo particolare: Amour di Michael Haneke, premiato con la Palma d’Oro, e Io e Te, di Bernardo Bertolucci. Due cineasti settantenni amatissimi dal pubblico e dalla critica, capaci di stupire sempre, esaltandoci, ciascuno a suo modo, con ogni loro impresa sul set.

Haneke affida a due attori ultraottantenni, Trintignant e Villa, il compito di esprimere l’amore assoluto, toccando i due vette di rara bravura interpretativa. Bertolucci torna, per così dire, ai temi dei suoi esordi, agli adolescenti in lotta con la vita. Entrambi i registi hanno cuore di poeta e di più non si può dire.

Bertolucci ha scovato nel romanzo breve di Niccolò Ammaniti, Io e Te, il luogo ideale da dove scrutare l’adolescenza, rovistando a tratti nei suoi propri ricordi, come ogni grande artista, sfogliando anche se stesso nel suo percorso creativo.

Sceglie due attori esordienti, Jacopo Olmo Antinori e Tea Falco, per interpretare i ruoli dei protagonisti, Lorenzo e Olivia, figli dello stesso padre e di madri diverse, che si scontrano, ciascuno in difesa della propria intimità, per poi scoprirsi uniti da un affetto profondo che li libera, li scagiona da colpe, li apre alla vita.

Lorenzo non segue i suoi coetanei. Se ne sta rinchiuso in se stesso, senza aprirsi alla realtà. Le sedute dallo psicanalista, che tenta di liberarlo dalle sue insicurezze, hanno effetto contrario. Con la madre il rapporto è conflittuale. Lei, affettuosamente possessiva, non comprende le sue stranezze. Il padre è lontano. Lorenzo si sente soffocato da tutto e quando gli si presenta un’occasione unica, non gli par vero inventarsi la partenza per una settimana bianca con i compagni di scuola per andare invece a rintanarsi nella grande cantina di casa, libero e felicemente solo, organizzandosi con cibarie, computer, hard rock in cuffia e un romanzo di vampiri.

All’improvviso però compare Olivia, la sorellastra tossica, in cerca di un posto dove passare la notte. La grande cantina diventa terreno di scontro per entrambi impegnati uno contro l’altro a difendere uno spazio che è anche e solo quello della loro anima randagia. Bertolucci, sulla sua sedia rotelle, che sembrava non concedergli più tregua, si esalta nel costruire un’ambientazione perfetta, un non luogo dove è racchiusa tutta la storia, quella grande e quella piccola, dove man mano i due protagonisti arrivano a scoprirsi, a svelarsi uno all’altra, indifesi e fragili come sono, e dove, alla fine, si uniscono, in una sequenza bellissima, soave, quando ballano, abbracciati stretti stretti, sulle note di Space Oddity di David Bowie, trasformata da Mogol in ‘ragazzo solo, ragazza sola’. E per Lorenzo e Olivia ha inizio una vita nuova, la vita.

Bertolucci riannoda il suo percorso artistico a quel Dreamers di alcuni anni fa,   rinunciando (forzatamente) alle grandi masse di figuranti de L’ultimo imperatore, di Novecento, trasformando la grande cantina della casa di Lorenzo, nell’antro di lui regista, mago capace di inventare, di creare la magia di un cinema che ammalia e commuove nella sua fine rappresentazione della speranza di vita.

Dario Arpaio

1 commento su “Io e Te, soave magia di Bertolucci”
  1. carlo ha detto:

    L’avete acquistata la colonna sonora di Io e Te di Bertolucci, disponibile su iTunes? Io si, ed è bellissima! http://clkuk.tradedoubler.com/click?p=24373&a=164556&g=11695726&url=https://itunes.apple.com/it/album/io-e-te-original-motion-picture/id569136252


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