Il Sale della Terra ovvero Sebastiao Salgado secondo Wim Wenders

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1Wim Wenders incontra la fotografia di Sebastiao Salgado per caso, durante una visita ad un gallerista. Rimane incantato dalla potenza espressiva di quelle immagini in bianconero. Ne acquista una in particolare che ritrae una donna del Mali, cieca. Lei sa di essere fotografata, il suo volto esprime una dignità e una compostezza drammaticamente sconvolgenti, quasi una Madonna. Venders l’appende nel suo studio. Non se ne separerà più. Dopo alcuni anni incontra Salgado e arriva a sviluppare il progetto di portare sugli schermi la vita del grande fotografo, girando un documentario, risultato di straordinaria bellezza, insieme con il figlio di Salgado, Juliano Ribeiro. Nasce così Il Sale della Terra, un film capace di lasciarci meravigliosamente sconvolti, frastornati e incantati dalla purezza e dalla durezza delle immagini e infine dal messaggio di forte inarrestabile fede e speranza trasmesso da Salgado, dai suoi occhi, dalle sue parole calde, dalla sua opera di grande reporter. Lui che è rinato nell’amore per la Terra dopo avere documentato le grandi tragedie degli ultimi decenni, dalle stragi etniche del Ruanda a quelle della guerra dei Balcani, allorquando è stato duramente segnato nel profondo al punto di voler addirittura abbandonare la fotografia. Il film Il Sale della Terra è stato presentato al 67° festival di Cannes nella rassegna Un Certain Regard dove ha ottenuto il premio speciale della giuria. Wenders riesce a coniugare con meravigliosa leggerezza cinema e fotografia, coinvolgendo lo spettatore nel percorso di vita di Salgado, divenuto fotografo per caso, viaggiando instancabilmente attraverso tutto il Globo, alla ricerca dell’uomo e delle sue radici antropologiche, svelando con i suoi scatti la purezza, la bellezza e, al tempo stesso, la ferocia dell’essere uomo.

Il film inizia con le immagini dello spevantoso girone infernale della Sierra Pelada in Brasile, la più grande miniera d’oro a cielo aperto dove 50000 cercatori si arrampicano gli uni sugli altri, su scale incerte lungo le pareti della gigantesca cava per poi ridiscenderne in una sorta di moto perpetuo della speranza e della bramosia di ricchezza. E’ poi la volta degli scatti di Salgado che documentano la grande sete dell’immenso Sahel, poi quelli delle terribili stragi del Ruanda, con il resto del Mondo assente di fronte allo sterminio di un’etnia e poi di un’altra. E poi ancora guerra nella disperazione dei genocidi nei Balcani e ancora altri e altri reportages intorno al Mondo. E dire che Salgado inizia a fotografare davvero per caso.

Dopo essere fuggito insieme con la moglie dalle atrocità della dittatura militare in Brasile negli anni ’70, cercherà rifugio in Europa dove inizierà a lavorare presso una banca di investimenti per poi intraprendere coraggiosamente la via del fotografo free lance. Dopo un avvio incerto, entrerà a far parte delle più prestigiose agenzie, tra le quali la Magnum, per poi fondare l’Amazonas Images con la amatissima moglie Leyla. Negli anni si susseguiranno senza sosta i suoi strepitosi reportages che documentano l’uomo, il suo lavoro, la sua ferocia, la sua fragilità nella Natura. Si batterà anche per la sopravvivenza della primitiva tribù Awà in Brasile. Arriverà a penetrare con la macchina fotografica nel senso della vita, tra i ghiacci, nei deserti e le foreste.

Il Sale della Terra di Wenders ci illustra il cammino di quest’uomo, passo dopo passo ci avvolge con la voce stessa di Salgado che, dopo le sue riflessioni sull’homo horribilis, arriva a spronarci, a credere nella salvaguardia e nella sopravvivenza della Natura, ad agire nella Vita, per la Vita.

Dario Arpaio


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