I fratelli Coen, il western e la tortura

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Fratelli CoenChe il cinema horror e, di rimbalzo, l’intero mondo della celluloide stia vivendo un momento particolarmente ricco di violenza e sangue è cosa ormai arci-nota, dalla bassa macelleria di Eli Roth allo stile altissimo di David Cronenberg, con ogni permutazione possibile fra i due estremi.

Non stupisce quindi che anche i fratelli Coen seguano questo recente trend e, da sempre sensibili alle immagini cruente, siano intenzionati a regalarci uno dei western più violenti di tutti i tempi.

Reduci dal sanguinolento e gore No country for old men, i due vogliono alzare ancora di più il livello con il loro prossimo progetto, una storia di scontri fra pellerossa e cowboy ambientata intorno al 1870, uno spaghetti western che si inserisce, con i dovuti distinguo, nella recente riscoperta del genere con titoli quali quelli dedicati a Yuma e Jesse James.

Riportiamo alcune dichiarazioni del duo: “Abbiamo scritto un western con molta violenza dentro. Ci sono indiani che tolgono scalpi e impiccano persone,  che torturano con formiche e tagliando le palpebre…

Aspettiamoci quindi un film dai toni foschi, conditi dalla solita ironia e sarcasmo dei Coen e mettiamo in cantiere possibili tagli di censura o divieti ai minori. Vi terremo informati sugli sviluppi di questo progetto, continuate a stare sintonizzati!

1 commento su “I fratelli Coen, il western e la tortura”
  1. Dario Arpaio ha detto:

    Ciao! L’estetizzazione della violenza è da sempre uno degli appetiti maggiori del pubblico stesso. Si pensi a quanto sangue nelle tragedie shakespiriane e in tutto il teatro elisabettiano! Il pubblico in sala si esaltava nel vedere il sangue finto sgorgare dai costumi delle vittime. E che dire poi dei gladiatori nel circo massimo… Seneca condannava duramente i giochi di sangue per il popolo ma altrettanto c’era chi ne approfittava: un pezzo di pane e un po’ di sangue e tutti erano felici e contenti… Da un certo punto di vista non molto è cambiato, salvo noi stessi che possiamo discernere il vero dal falso e non subire supinamente ciò che una comunicazione spesso fasulla tende a propugnarci travestita da verità. Ma se poi penso a certe pellicole tipo Saw e soci mi viene veramente il voltastomaco! Dov’è l’arte e dov’è il gusto bieco per la violenza fine a se stessa? Stiamo attenti al perciolo che viene da quello stesso senso belluino che trasformerà dei ragazzini di buona famiglia in selvaggi adoratori di totem (vedi Il Signore delle Mosche). Ma noi da che parte stiamo ??
    Dario Arpaio


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