Dominik lucido e amaro in ‘Cogan, Killing them Softly’

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Con il film Cogan, Killing them Softly, il regista neozelandese Andrew Dominik dirige Brad Pitt per la seconda volta dopo il successo de L’assassinio di Jesse James del 2007. Tra i due c’è notevole intesa e se ne ha la sensazione anche in questa nuova prova, considerando poi che Pitt figura pure tra i produttori di questo thriller amaro basato sull’omonimo romanzo di George V. Higgins edito da Einaudi.

Higgins ha mano ferma nel descrivere nel suo libro un mondo che ha conosciuto quando era in carica come procuratore a Boston; e Dominik, sebbene trasferisca l’ambientazione a New Orleans, ha buon gioco nel portare sullo schermo il degrado dei bassifondi dove si può solo sopravvivere alla giornata, tra spaccio e furtarelli.

Protagonisti della vicenda sono due balordi che decidono di rapinare una bisca di proprietà della mafia, che, per la verità non viene mai nominata in quanto tale, presente più come un potere superiore al quale tutto è dovuto e tutto è permesso. I due sfigati tentano di far ricadere la colpa sul gestore della bisca e di cavarsela così, con una furberia, ma devono fare i conti con Cogan, un killer professionista, incaricato dai padroni di trovare e castigare i colpevoli. A nessuno verrà data una seconda occasione.

Al di là della storia di mala, oltre il noir, viene descritto a tinte fosche un malessere di vita o dell’impossibilità di credere in qualcosa che non sia violenza e sopraffazione. Le ultime battute del film sono destinate alla storia quando Cogan afferma che l’America dei Jefferson, quella del sogno di libertà non è mai esistita. E’ solo il business a dettare i ritmi e i tempi al potere. I ricchi dialoghi, sempre ben calibrati da Dominik, si alternano con altrettante immagini televisive della campagna elettorale che Obama vinse sul suo avversario. Vengono ridicolizzate tutte le promesse dei candidati come pure gli interventi di Bush. E’ tutto fasullo nelle loro parole, la vita vera è altra, occorre essere lucidi e spietati come Cogan, che incarna una nuova scuola di delinquenti. Non esistono codici morali, si uccide chi si deve eliminare, magari dolcemente, come vuole il titolo del film, ma si elimina ogni ostacolo al potere che sovrasta tutto. Non c’è speranza. Tutto è inequivocabilmente tanto chiaro quanto amaro.

Dominik è regista di talento, ma molto merito va a un cast che da solo merita la visione di questo film. Imperdibili i dialoghi tra Brad Pitt (Cogan) e James Gandolfini nei panni di Michey, un killer di vecchia scuola sul viale di un tramonto marcio. Altrettanto intensi quelli tra Cogan e l’Avvocato che gli detta i tempi, un Richard Jenkins in stato di grazia, nel suo personaggio che sembra uscito dai film di Scorsese, ma al quale non resta che accettare la cinica lucidità affaristica del killer. Non c’è più l’America, non c’è mai stata. E’ solo business.

Dario Arpaio


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