Scialla, provare per ridere

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 Il festival di Venezia 68 ha dato visibilità (e premio) a un bravo sceneggiatore, Francesco Bruni, già stretto collaboratore di Virzì e coautore nella serie del Montalbano televisivo. Bruni alla sua prima regia, con il film Scialla, ha dato prova di altrettanta maestria nella direzione degli attori, dando spessore, corpo e anima alla sua stessa sceneggiatura.

Scialla, romanesca versione del ‘take it easy’ americano, o del più noto ‘tranqui’, si intrufola così collocandosi in uno spazio tutto suo nella italica commedia, troppo spesso abbandonata a sé tra un volgare cinepanettone e l’altro. Insomma si pone al di sopra della mediocrità e raccoglie applausi e risate, indicando forse anche una via nuova, originale, leggera. Ci vogliono idee e chi meglio di uno sceneggiatore è in grado di portare una ventata di freschezza. Sì perché Scialla è film più che pregevole. E’ ben riuscito in ogni dettaglio, grazie anche al forte contributo del sempre bravo Fabrizio Bentivoglio nel ruolo di Bruno, un ex professore imbolsito e soprattutto del giovane Filippo Scicchitano, eccellente, strabordante nel ruolo dello spudorato sedicenne Luca.

Bruno vive da tempo in un aristocratico malinconico ritiro, come un ‘gatto sul termosifone’. Così viene definito il suo distaccato disinteresse nei confronti della realtà vera, fino a che non scopre di essere padre e, neanche a farlo apposta, proprio di uno di quei ragazzi menefreghisti e fancazzisti, emblemi di questa nostra società incapace di trasmettere valori ai giovani, e tanto meno fiducia nel futuro. Le giovani generazioni fortunatamente, alla fine sanno sempre risultare più coriacee e forti di quanto si possa ritenere all’apparenza. Sanno sempre trovare la strada e magari indicarla con forza a chi l’ha smarrita. Scialla ci parla dei rapporti generazionali tra padri e figli e lo fa con garbo, senza pretese intellettualoidi, semplicemente racconta come ogni dire, ogni fare sia difficile, pieno di spigoli aguzzi. Il film mette in scena il nostro tempo senza mai porsi in una presuntuosa ottica autorale critica. Anzi risulta spensierato, divertente e irriverente, strizzando l’occhio al pubblico, o almeno a chi vuole intendere.

Dario Arpaio

 


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