Magnifica presenza di Ozpetek

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Solo la finzione sembra essere reale e la realtà, in fondo, è solo finzione. Questo sembra essere il leit motiv del nuovo film di Ferzan Ozpetek che torna sul grande schermo con Magnifica Presenza, dopo il successo di Mine Vaganti, questa volta coadiuvato nella sceneggiatura dalla brava Federica Pontremoli. Una coppia vincente per uno script accattivante, vivace e delicato al tempo stesso. Ozpetek accarezza i suoi personaggi e la sua direzione è leggera e complessa al tempo stesso. Non si svela mai del tutto, anticipa sempre e solo un versetto per volta dei temi a lui più cari.

Dietro i desideri e le paure di Pietro, il protagonista bene interpretato da Elio Germano, c’è tutto il mondo poetico di Ozpetek, la sessualità, la paura della solitudine, la famiglia, il convivio, e, in fondo, quasi di contorno, gli ultimi, rannicchiati nelle loro misere esistenze prive di riscatto, il tutto edulcorato da un pizzico di grottesco, questa volta a mezzo tra il mélò e il noir.

Nel corso di un’intervista lo stesso Germano, parlando del suo ruolo, un giovane aspirante attore omosessuale, afferma che “il magico vive sotto terra”. Non c’è spazio per la fragilità della debolezza umana, che sembra non avere luogo alcuno nel nostro quotidiano strapazzato da mille clichè e, forse, è tale da non abbandonare mai neanche i morti, i quali appaiono nel film con le loro presenze buffe e un po’ inquietanti, proprio nella vecchia casa affittata da Pietro, dove persero tragicamente, quanto banalmente,la vita. Neabbiamo una sola, e siamo quasi costretti a sparpagliarne i pezzi tra un passato che non c’è più e un futuro che non ci raggiunge mai. La finzione prevale pirandellianamente sulla realtà opaca che si affaccia in sordina sulla scena del film di Ozpetek, a tratti un po’ kitsch, ma salvificamente blasfemo contro le nostre consuetudini borghesotte. Ozpetek si trova, forse suo malgrado, a ricalcare incidentalmente il senso della fascinazione rétrò di un film come The Artist. Aspetto che potrebbe e dovrebbe fare riflettere.

Magnifica la presenza in scena della grandissima Anna Proclemer. Con la sua interpretazione prende per mano il film di Ozpetek trascinandolo con sé verso un finale che si sminuzza in tenerezze. Qualche passo falso della sceneggiatura, qualche tempo morto, si possono perdonare di fronte alla chiusa, anche se forse già vista. Ma una carezza all’anima, in fondo, vale sempre più di mille parole. Non si dimentica facilmente.

Dario Arpaio


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