A Serious Man, un demone e un uragano

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serious manTornano sugli schermi Joel e Ethan Coen con le loro personalissime letture dell’uomo nella sua realtà. Dopo i capolavori di Fargo (1996) e, soprattutto dell’irraggiungibile e irripetibile Grande Lebovski (1998) i Coen questa volta attingono anche dalla propria memoria per  raccontarci meglio del ‘mensch’ secondo la tradizione ebraica, ovvero dell’uomo serio, forte, autorevole e cosciente del proprio ruolo nella società, nella famiglia, e, non in ultimo, di fronte a Dio.

A Serious Man è questo il titolo del loro ultimo film ironico, cattivo, quasi feroce nel suo sornione distaccato disincanto. Nessun  particolare della storia narrata viene lasciato al caso, come sempre nello stile puntuale dei Coen; altrettanto nella composizione delle inquadrature, le quali, se prese singolarmente contengono ciascuna tutti gli ingredienti della narrazione e ne sono tessere insostituibili. Eppure tutto sembra accadere per caso, tutto sembra scorrere senza un filo logico, banalmente senza un senso. Ma un senso ce l’ha già a partire dal gustosissimo prologo sul ‘dybbuk’ recitato in yiddish e sottotitolato. Questi è un demone dispettoso, ma è anche una povera anima che non ha potuto esaurire, compiere fino in fondo il proprio cammino in questa vita. Insomma quando tutto sembra andare, scorrere nel verso giusto, ecco l’imprevedibile destino che bussa alla  porta e se la ride sotto i baffi. Da quel momento in poi non c’è più limite al peggio. Ed è proprio ciò che succede al serious man dei Coen, un professorino di fisica quantistica nel 1967, il quale, mentre tenta di insegnare agli allievi che in fondo si può solo dimostrare che nulla è dimostrabile con certezza, si trova a dover concludere che “Alla fine scopri che la verità è una bugia e la speranza fugge da te”.

E’ un uomo tranquillo che d’un tratto si deve districare tra una moglie che lo tradisce dichiaratamente con un tale che si sforza di dimostrargli come in fondo sia giusto così; un figlio che si appassiona alle ‘canne’ e ai Jefferson Airplane; una figlia bruttina che sogna un naso esteticamente perfetto; un fratello ritardato ma con il pallino della matematica che gli fa vincere soldi ai bari; un vicino di casa razzista che si appropria di parti del giardino; una vicina eroticamente insoddisfatta e vogliosa di attenzioni; uno studente che tenta la via della corruzione per ottenere la sufficienza… ma in tutto questo coro Dio dov’è? Il nostro serious man lo cerca  con l’aiuto dei rabbini, dal più giovane al più anziano. Spassosissimo il dialogo tra il rabbino anziano e il figlio del serious man, quando il saggio snocciola versi di canzonette come fossero versi biblici…

I fratelli inarrestabili ci fanno sorridere e ci fanno anche piangere su noi stessi; non possiamo sfuggire al loro occhio tagliente. La morale sembra dirci che possiamo e dobbiamo correre, affanno dopo affanno, per tentare di raggiungere le mete più inarrivabili con tutto il meglio del nostro impegno, ma, attenzione, alla fine potremo trovarci davanti a un uragano che arriva veloce. Nessuno sa se ci colpirà oppure passerà oltre per un intervento del caso. Questo i Coen non vogliono svelarcelo e allora ? Meglio forse tornare alla casa del buon vecchio Lebovski, lì almeno basta un tappeto a dare un tono all’ambiente…

Dario Arpaio


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